Operare rispettando l’ambiente e la salute dei lavoratori

CFG, come tutte le aziende che utilizzano il cromo esavalente per la propria attività produttiva, ha l’obbligo di attenersi al REACH, il regolamento dell’Unione Europea adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi che possono derivare da certe sostanze chimiche, i cui usi sono limitati e possibili solo previa autorizzazione.

Condizioni dell’autorizzazione: doveri dei titolari e degli utilizzatori

Il rilascio di tale autorizzazione – valida fino al 2024 – impone a tutti gli utilizzatori a valle di tale sostanza, come CFG, alcuni obblighi: il cromo può essere acquistato solamente tramite una filiera controllata, ovvero solo da aziende titolari dell’autorizzazione, dev’essere utilizzato solamente in conformità agli usi riportati nell’autorizzazione stessa e agli scenari di esposizione presenti nelle Schede di Sicurezza del prodotto (uso in sicurezza);

Infatti le aziende fornitrici di anidride cromica, che hanno richiesto ed ottenuto l’autorizzazione nel 2020, hanno dovuto identificarne i rischi ed indicarne le misure di gestione, comunicandole agli utilizzatori  valle,  con lo scopo finale di dimostrare all’ECHA che l’utilizzo di questa sostanza in sicurezza, sia per i lavoratori che per l’ambiente è assolutamente possibile. Naturalmente il presupposto di partenza è che, al momento, per gli usi autorizzati il cromo non è sostituibile con alcuna sostanza/processo che possa garantire le stesse prestazioni.

Misurazioni sul posto di lavoro e ambientali

Tra gli obblighi per gli utilizzatori vi è quello di monitorare l’esposizione dei lavoratori e dell’ambiente al Cr(VI) che diventa più stringente rispetto a quanto già stabilito dalla normativa italiana: difatti questi campionamenti sono diventati sempre annuali e  devono essere eseguiti per tutte le fasi del processo di cromatura. Annualmente i risultati delle misurazioni vengono notificati ad ECHA, insieme a quelli delle emissioni e degli scarichi (acque).

CFG aveva già consolidato l’abitudine ad effettuare comunque annualmente questa tipologia di misurazione, al fine di garantire un ambiente più sicuro ai propri lavoratori, indipendentemente, dalla normativa che avrebbe imposto all’azienda un monitoraggio triennale. A differenza di quanto effettuato in precedenza, CFG ha campionato l’esposizione per ogni singola attività presente nel processo di cromatura, dallo scioglimento del cromo al prelievo dei campioni in vasca, come indicato nella Scheda di sicurezza ricevuta, e non solamente sull’operatore alla galvanica durante le attività di routine del proprio turno di lavoro.

In questo modo l’ECHA potrà iniziare a disporre di uno storico di dati reali aggregati, sulla base dei quali esprimere pareri, decidere limiti e definire misure di utilizzo del cromo.

Cosa succede dopo il 2024?

Il 21 settembre 2024 verranno a scadere le autorizzazioni rilasciate dalla Commissione Europea, pertanto cosa succederà alle aziende di cromatura come CFG?

Per continuare ad utilizzare il cromo esavalente, nella propria produzione, le aziende dovranno richiedere individualmente ed ottenere una nuova autorizzazione.

Le premesse sono sempre le stesse: il cromo deve essere utilizzato per un’attività per la quale non esistano possibili alternative che garantiscano le stesse prestazioni e caratteristiche del prodotto (ad esempio per la cromatura decorativa cromo VI non è più consentito proprio perché sono presenti metodi alternativi di produzione). A differenza dell’autorizzazione precedente, ora l’Unione Europea però vuole disporre di dati certi sulle misure di sicurezza adottate all’interno delle aziende e sulle misurazioni effettuate.

Pertanto, data l’onerosità e complessità di questo tipo di richiesta, si è costituito un secondo consorzio, composto dalle aziende fornitrici del cromo, che attualmente sono già autorizzate, e dagli autorizzatori a valle che abbiano voluto aderirvi, tra i quali c’è anche CFG.

In questo modo la nuova richiesta autorizzativa potrà essere presentata sulla base di dati reali forniti dalle aziende partecipanti e corrispondere maggiormente alle richieste provenienti dall’Europa, con l’obiettivo di dimostrare con dati reali prelevati dalle singole aziende che la sostanza è utilizzabile in sicurezza, senza danni per l’ambiente e per le persone.

Esistono linee guida standard, ma spetta a ciascuna azienda progettare programmi di monitoraggio dei lavoratori e dell’ambiente che soddisfino i requisiti; date le peculiarità di ogni singolo sito produttivo (uso, layout, attrezzature, processi e procedure) un approccio unico è infatti impossibile, per questo è fondamentale individuare all’interno della Scheda di Sicurezza estesa (eSdS) fornita dal detentore dell’autorizzazione, gli scenari espositivi che corrispondono meglio alla singola attività.

il nostro dipartimento di Qualità e Sicurezza è già all’opera da mesi nella raccolta dei dati e campionamenti, i cui risultati verranno poi aggregati e presentati entro fine anno all’ECHA.

Nonostante lo scenario europeo sia così così regolamentato, sembra un paradosso constatare che nei Paesi Extra UE non vi è alcun obbligo di autorizzazione, né un attento monitoraggio degli utenti. Questo potrebbe essere di incentivo alle aziende che decidono di delocalizzare, ma non per CFG che da sempre sostiene investimenti sul proprio territorio, facendo del rispetto per l’ambiente ed i lavoratori parte integrante del proprio modo di fare business.